La Chiesa di Santa Maria del Popolo è tra i luoghi più amati dalla popolazione ennese. Oltre ad essere molto caratteristica la chiesa ha una bella storia da raccontare. Sul luogo sembrerebbe sorgesse una Chiesa dedicata a Sant’Agata, mentre la sua torre svolgeva una funzione di avvistamento inserita in un sistema di difesa della città. Per avere le prime notizie certe occorre andare a ritroso nel 1530 quando quattro suore di clausura del Monastero di San Marco decisero di fondare l’omonimo Monastero. Il complesso sorse inglobando l’antica torre di difesa, destinata a campanile e per il suo completamento occorre attendere fino al 1550, anno di apertura al culto. Nel 1693, il terremoto che devastò la Sicilia e anche Enna, provocò gravi danni e solo dopo più di 40 anni le suore riuscirono ad ottenere contributi per il ripristino del campanile e il restauro delle parti abitative. Intorno ai primi del 1800 le difficoltà economiche portarono le suore a chiedere l’aiuto della popolazione ennese che rispose prontamente con fervore e partecipazione. Da quel momento, proprio per questa risposta di fede, la Chiesa assunse il nome di Santa maria del Popolo. Nel 1827 la cupola preesistente fu eliminata e la badessa Maria Rosaria Rosso, insieme al canonico Falautano commissionò l’affresco della nuova volta a botte al pittore Saverio Marchese che vi rappresentò scene tratte dalla vita del profeta Elia. Purtroppo, dopo l’Unità d’Italia nel 1861, per il controllo dello Stato sui beni della Chiesa, nel 1866 vi fu la soppressione degli ordini e corporazioni religiose e le suore furono trasferite a San Marco. Nel 1894 l’edificio in stato di abbandono viene utilizzato come base militare (Caserma Passera) e Colombaia per i piccioni viaggiatori usati per i dispacci militari. Per tutto il periodo tra la 1° e la 2° guerra mondiale il luogo divenne anche deposito per viveri e munizioni. Fu solo dopo il 1944 che il Decano Marasà, fece aprire riaprì a sue spese la Chiesa chiedendo la restituzione alle suore di S.Marco dei beni liturgici. Qui, il 19 maggio del 1944, celebrò la sua prima messa il giovanissimo sacerdote, don Paolo Cammarata, a cui poi la popolazione ennese divenne legatissima. Dal 1845 la Confraternita del Sacro Cuore di Gesù, sempre tramite il decano Marasà, fu accolta nella Chiesa facendone la propria sede (precedentemente era stata prima quella dei Cappuccini fino al 1942 e dal ’45 S.Chiara). I danni però che l’edificio sacro aveva nel tempo subito erano stati ingenti e così la Confraternita si trasferì presso la vicina Chiesa di San Cataldo. Anche questa volta però i destini di Santa Maria del Popolo volgevano verso una soluzione positiva. Dal 1986, per il grande e appassionato lavoro di dedizione dell’ormai Monsignore, Don Paolo Cammarata riprendono i restauri. Per interessamento del Vescovo Cirrincione e l’attaccamento a questo luogo religioso della Confraternita, nel 1991 la Chiesa viene definitivamente riaperta al culto. Tanti sono i beni che custodisce tra cui una campana con inciso il nome di suor Arcangela Bonaccolta, committente dell’oggetto e circa 35 preziosi ex voto a forma di cuore, ricamati con filati pregiati e sete, a cui lo storico Rocco Lombardo dedicò un approfondimento. Curiosità legate al Monastero sottolineano l’importanza di non trascurare le denominazioni date alle vie di una città: ad Enna è presente una via Ottavio Catalano. Costui era un abate ennese, organista. Da Roma il Catalano inviò ad Enna l’organo come regalo per la nipote suora di clausura presso il Monastero di Santa Maria del Popolo. Purtroppo di questo organo resta solo l’appunto storico perché l’oggetto forse durante le fasi di abbandono del Monastero non fu più ritrovato. Altra denominazione cittadina legata alla Chiesa è la via Francesco Ciotti (da Resuttano n.d.r): a Santa Maria del Popolo è presente un quadro “Madonna con il Bambino” del 1739 dipinto da questo valente pittore locale, le cui opere si trovano anche nella Chiesa di S: Francesco di Assisi, padre dell’architetto Rosa Ciotti autrice nel 1761 del piano regolatore di Villarosa. Ed infine da menzionare è la via Colombaia: fu dato questo nome proprio perché l’edificio come sopra detto fu usato per l’allevamento e l’utilizzo militare dei piccioni viaggiatori.