TERRITORIO /

Sperlinga

 
ALTITUDINE
750 m s.l.m.
SUPERFICIE
59,14 km²
ABITANTI
722
DENSITÁ
12,21 ab./km²
FRAZIONI
--
Sito Web
Patrono:
San Giovanni Battista - 24 giugno
Pro Loco

Il paese si adagia ai piedi di una rupe con la quale si fonde letteralmente: le case sono montagna e la montagna case e castello. Il nome stesso deriva proprio dall’uso diffusissimo di abitare nelle spelonche. Elemento dominante è la parte alta del masso che fu trasformato in castello in epoche non precisate. Di certo la fortificazione è già ben funzionante durante l’epoca araba. Tra i primi documenti storici in cui è citata Sperlinga è il privilegio a firma del Granconte Ruggero d’Altavilla del 1082. Proprio gli Altavilla promossero nell’area del nicosiano, quindi anche a Sperlinga, una massiccia colonizzazione di popolazioni di lingua occitanica provenienti dal Piemonte. Queste genti hanno mantenuto le loro tradizioni al punto tale che ancora oggi si è di fronte ad un’isola linguistica gallo italica che vede in Sperlinga la sua espressione più pura.

Il paese si dispone lungo due assi viari che corrono paralleli al castello, posti su due livelli differenti ed uniti da vicoli e stradine a scalinata. Lungo il secondo dei due assi sorge la Chiesa Madre, dedicata a San Giovanni Battista, mentre alla cima della stessa strada si giunge a quella che era la corte bassa del castello e che oggi è una piccola piazza con un’ elegante chiesetta.

La Chiesa Madre, a navata unica e molto semplice, fu fatta costruire dal principe Giovanni Natoli a partire dal 1597, lungo la strada che conduce al castello. E’ dedicata a San Giovanni Battista, patrono della città, e conserva al suo interno alcune tele del XVII secolo oltre ad un organo a mantice del 1830. La Chiesa di S. Anna, della seconda metà del ‘600, è annessa ad un convento degli Agostiniani e custodisce un crocifisso ligneo della scuola di Frate Umile da Petralia detto “Il Padre delle Grazie”.  Dell’abitato certamente  precedente  alla  Licentia populandi,  rimane  lo  spettacolare  borgo rupestre, posto lungo il fianco orientale della  serie  di  guglie sottostanti il castello.

Nella roccia viva sono stati scavati non solo gli ambienti abitativi, non di rado ancora utilizzati e persino dotati di numero civico, camini e quant’altro utile alla civile abitazione, ma anche le strade di accesso. Il tutto conferisce ai luoghi un fascino veramente unico.

Nel dialetto locale, di origine gallo italica il borgo rupestre viene detto “il Balzo“, ovvero “o bàózz“.

Alcune delle abitazioni rupestri, in parte abbandonate con la costruzione di alloggi per “gli ingrottati” in parte per il massiccio esodo migratorio che ha spopolato Sperlinga, sono state trasformate in un museo etnoantropologico che fa vivere al visitatore l’emozione della povera ed orgogliosa vita degli sperlinghesi delle grotte.

Il pezzo forte della visita a Sperlinga è indubbiamente il Castello medievale, realizzato con un sapiente gioco di architetture costruite ”a levare” con gran parte della struttura direttamente scavata nell’enorme ed unico masso quarzarenitico. Il castello nasce probabilmente come abitato rupestre già nella età antica. Certamente noto ai normanni, ha la sua vicenda principale durante la guerra del Vespro, qui, infatti, si trincera una guarnigione angioina che, nonostante l’assedio tenuto a lungo dalle truppe siciliane filo aragonesi, trova nei pochi abitanti del borgo i propri spontanei difensori.

Attorno questa vicenda, descritta lapidariamente con la incisione che ancora campeggia su uno degli archi del castello, “quod siculis placuit sola Sperlinga negavit”, nacquero poi le leggendarie narrazioni della resistenza degli affamati.

Di certo sappiamo che alla fine la guarnigione venne fatta arrendere ed ottenne salva la vita riuscendo ad abbandonare per sempre la Sicilia nemica. La corte esterna del castello si indovina oggi nei fabbricati posti attorno la piccola piazza quadrata che si apre ai piedi della mole rocciosa tra i quali si erge la Chiesa dedicata alla Madonna della Mercede con impianto ad aula e facciata semplice con piccolo campanile a torre. Dalla piazza, salendo su un rivellino e superando una passerella che ricalca il ponte levatoio, si entra nell’area forte. Il portale di ingresso si apre in una camera voltata e buia e poi all’area che dovette essere il palazzo feudale. Rimane parte del palazzo con una bella bifora a guardia della valle del Fiumetto. La parte ipogeica del castello consiste in una tripla teoria di ambienti ingrottati, i primi due posti prima del rivelino e del ponte, oggi adibiti ad esposizione etnografica, poi una serie di ambienti a pianta circolare e sezione globulare di diversa dimensione, tra i quali rimane particolarmente interessante una camera con una teoria di nicchie arcuate da taluni lette come un orologio solare. Più in alto ambienti nei quali erano ospitate le scuderie, aperte dalla porta falsa, un’area artigianale, con una fucina dotata di grande cappa conica e le prigioni. Rimane la chiesa, dedicata a San Luca.

Salendo sul mastio, attraverso una lunga e ripida scala anch’essa ricavata direttamente sul masso, si giunge ad una piattaforma merlata munita di porta ad arco acuto dalle cui balconate si gode un panorama veramente unico sull’area nord della provincia e su parte delle vicine Madonie.

Tra i siti rupestri più interessanti Contrada Rossa, che forse ospitava una comunità paleocristiana (sulla cui chiesa è stata successivamente impiantata una moschea), quello della Contrada Quaranta, nelle cui grotte sono ricavate nicchie sepolcrali dei sec. IV-VI sec. d.C, e quello di Peirito, con tombe paleocristiane.